Crimea: sì, quella dei tempi di Cavour

 La Crimea è ora una Repubblica autonoma dell’Ucraina, circondata dalle acque del Mar Nero, con capitale Sebastopoli. In Italia si conosce il nome di questa regione dai libri di scuola: una politica pre-italiana e ottocentesca portò molti italiani in guerra ‘così lontano’. 1853-1856 erano le date da ricordare. Oltre all’assedio di Sebastopoli, una delle più sanguinose battaglie dell’Ottocento,  bisognava menzionare l’infermiera in prima linea Nightingale e l’operato di quella diplomazia pre-italiana che faceva parlare al tavolo di pace della questione italiana. Chi fosse interessato al legame che c’è tra l’Italia e la Crimea può vedere il video in fondo all’articolo sulla tragedia dimenticata degli Italiani di Crimea. Le potenze europee, insomma, si erano scelte un posto per imbracciare le armi. In realtà l’Ucraina e quella regione, che faceva parte delle terre dello zar russo, erano già “europee” in questo: storicamente, per molti secoli, l’Europa è stata un teatro di guerra. Una triste caratteristica che ha legato molti territori. Sulla continuità di territori e di guerre, e di storia, è nata però l’Unione europea che ha tra i suoi obiettivi fondamentali la pace e la solidarietà, non solo all’interno, ma anche in quella che è definita con diversi termini azione esterna e politica di vicinato.

La situazione attuale: i russi hanno di recente mobilitato truppe armate in Crimea, il governo ucraino è caduto dopo più di cento morti nella guerra civile tra oppositori e sostenitori del governo e questa settimana finiscono del tutto le olimpiadi invernali di Sochi. È la settimana più importante per la Crimea, l’Ucraina e per l’equilibrio tra la Russia e il resto dell’Occidente. Il Consiglio dell’Unione europea considera l’azione russa una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Alcuni avranno forse perso qualche passaggio: perché la Russia ha ‘invaso’ la Crimea?

Il 21 novembre 2013 il Gabinetto dei Ministri ucraini ha deciso di sospendere le trattative per un Accordo che mirava a rafforzare le relazioni economiche tra Unione europea e Ucraina, in vista, sul lungo termine, di un’entrata del Paese nell’Ue. L’Ue funziona così: fonda sul libero mercato le premesse di uno sviluppo democratico, per garantire pace, giustizia, libertà e sicurezza. Il popolo ucraino, alla inaspettata interruzione delle trattative con l’Ue, è insorto. Ricordiamo ancora le scene drammatiche di piazza Maidan, ribattezzata piazza dell’Indipendenza (rinvio al chiaro articolo di Mbaye). Più di cento morti, centinaia di feriti, brutalità a non finire. Non manca chi vede un complotto o una tecnica della guerriglia, date le tensioni e gli interessi da una parte della Russia e dall’altra delle potenze occidentali. Sappiamo però che molti ucraini hanno manifestato e si sono esposti ai pericoli per difendere un progetto europeista, frutto di quattro anni di trattative, il che significava anche voler condividere quei valori su cui l’Ue si fonda. La violenza proveniente dalla parte civile ci ha tuttavia storditi. Il ‘dittatore’ Yanukovich è stato deposto, ma dalla Russia dichiara di voler tornare a Kiev appena le circostanze glielo consentiranno.
Nel frattempo la Russia celebrava le Olimpiadi e Putin era già contestato per la legge contro la ‘propaganda gay’.
Putin ottiene dunque l’autorizzazione del Parlamento russo a mobilitare le truppe in Crimea per difendere la popolazione di origine russa (e russofona) che rappresenta il 58% su 2,3 milioni di abitanti. È una regione particolare: vi abitano anche i Tartari, deportati da Stalin nel 1944 con l’accusa di collaborazionismo con i nazisti (vedi anche la questione degli Italiani di Crimea). Undicimila soldati fedeli alla Russia hanno preso controllo della penisola e bloccato le basi ucraine.

Come detto in principio, la Crimea è una Repubblica autonoma in Ucraina: ha un Parlamento regionale e un primo ministro, nominato da Kiev, dalla capitale del Paese. Ebbene, il primo ministro è stato cambiato senza l’accordo di Kiev, ed è filo-russo; il Parlamento regionale ha dapprima indetto un referendum con due quesiti: ri-unione alla Federazione russa e ripristino della costituzione del 1992 e permanenza in Ucraina. Ovviamente per l’Ucraina, fare un referendum, con queste modalità, è una violazione del diritto internazionale; mentre per Putin è tutto in regola. C’è dell’altro: il Parlamento regionale ha bruciato i tempi, annunciando l’indipendenza prima del voto. La Crimea, d’altronde, è appartenuta all’Impero russo dal 1783 e poi all’Unione sovietica fino al 1954, quando quest’ultima l’ha ceduta all’Ucraina. Insomma, non è mai ‘appartenuta’ alla Federazione russa…

È la più grande crisi tra la Russia e l’Occidente dopo la guerra fredda.

Gli altri paesi del G8, tra cui l’Italia, hanno deciso di non partecipare al prossimo incontro che si sarebbe tenuto a Sochi a giugno. L’Unione europea condivide tale scelta. Il Segretario di Stato americano (il ministro degli Esteri) ha rimandato l’incontro con Putin. La diplomazia russa sta elaborando contro-proposte a quella americana; mentre l’Unione europea ha fatto saltare le trattative in materia di passaporti. Un’analisi sciatta vedrebbe come unico pericolo la chiusura dei rubinetti del gas da parte della Russia, ma la questione è più complessa e la diplomazia rischia di seguire la brutta strada dei ricatti incrociati.

Le analisi potrebbero dilungarsi: il Paese è diviso a metà, la parte orientale, inclusa la regione considerata, è filo-russa e ha votato in prevalenza Yanukovich, il primo ministro decaduto; la parte occidentale è filo-europea e ha votato in prevalenza Tymoshenko. Vi sono ancora gli studiosi che cercano di decostruire a tutti i costi le identità nazionali, per dimostrare che ora l’Ucraina ora la Polonia non è una nazione, ma sorvoliamo sul punto. Stupisce semmai un’invasione territoriale a ridosso dell’Europa (la distanza dall’Ucraina all’Ue è pari alla distanza tra Trieste e Palermo, su per giù).

Si rischia di tornare a relazioni internazionali di stampo ottocentesco, oltre a quelle da guerra fredda. Le pressioni internazionali spingono a una polarizzazione del conflitto e sarà difficile per il popolo ucraino e per i servizi diplomatici muoversi verso il dialogo, se una futura adesione all’Unione europea o una politica filo-russa sono desiderati come prodotti miracolosi (e come se non ci fossero relazioni tra Ue e Russia!). Una parte ora disegna i baffi di Hitler sulla foto di Putin; l’altra disegna una svastica sull’Ucraina non filo-russa. Tutto ciò non porta a nulla.

Un fermo no alla violenza, come quello proclamato dalla Comunità di Sant’Egidio di Kiev, che si è raccolta in preghiera nel luogo del conflitto, è un segno contro i tempi che precipitano verso un passato tragico.

Fonti principali: BBC News, La Stampa, Ansa, SEAE

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