Immigrati: selezioniamoli o accogliamoli tutti

 

Convenienza / Accoglienza, è questa l’alternativa tra principi sui quali informare la nostra politica dell’immigrazione, secondo l’analisi di Angelo Panebianco, in prima pagina sul Corriere della Sera di ieri 13 gennaio 2014. In fondo l’analisi teorica è corretta: è contraddittorio mescolare i due criteri. Da una parte l’immigrazione è conveniente, perché l’Italia e l’Europa sta ‘invecchiando’ velocemente, il benessere ha portato all’emersione di un continente anziano; in vista della ripresa sarebbe necessaria forza lavoro aggiuntiva e nuovi consumatori. Dall’altra l’accoglienza è un dovere morale, per permettere a coloro che sono nati in posti dove i diritti sono negati (vita, lavoro, salute, istruzione su tutti) di giungere nella nostra Repubblica che da subito, almeno sulla Carta si è presa tale responsabilità.

La contraddizione sta nel fatto che scegliendo il criterio della convenienza e il criterio dell’accoglienza insieme, o in modo confuso, entrano in contrasto le soluzioni corrispondenti: per il primo ne consegue un limite all’immigrazione basato su un criterio di selezione (entrano in Italia coloro che convengono alla nostra economia: abbiamo bisogno di muratori e badanti, entrano muratori e badanti); dal secondo criterio non discenderebbe nemmeno un limite numerico e avrebbero ‘diritto’ a entrare in Italia tutti coloro che non hanno giusto riconoscimento alla loro dignità nel Paese di origine.
Il realismo politico di Panebianco porta però a dire che è bene basare la politica dell’immigrazione sulla convenienza, di selezionare le persone sulla base delle loro competenze e secondo le richieste del mercato, per evitare l’espansione del mercato illegale (lavoro in nero); fino ad affermare che è meglio privilegiare certi gruppi etnico-religiosi: meglio i cristiani-ortodossi degli islamici, per motivi di integrazione.

Da quella che poteva essere una buona analisi di fondo si giunge ad alcune tesi un bel po’ preoccupanti. È vero che uno Stato deve badare all’economia, ossia alla scienza che studia il problema della scarsità. È vero che in politica bisogna bilanciare esigenze che tendono a contraddirsi: convenienza/accoglienza, ordine/libertà, libertà/eguaglianza. Ma non si può ammettere che cercare una via di mezzo sia un errore di valutazione da parte di coloro che incapaci di coerenza, sono spinti solo da alti ideali e fanno confusione con quello che uno Stato(-nazione) significa e con quel che gli compete.

L’analisi di Panebianco difetta in alcuni punti. Si dimentica che l’accoglienza è un dovere costituzionale. Uno Stato nasce con il primo compito di mantenere l’ordine; però poi diventa una ‘struttura a perdere’ ed è bene che lo sia. Lo Stato inizia a garantire la salute, l’istruzione e il lavoro. Un investimento simile porta nel lungo periodo al benessere collettivo. Lo Stato, essendo strumento e non obiettivo, ha una natura espansiva di competenze, pur avendone sempre meno. Ecco allora che una Repubblica si pone sulla scena internazionale come garante dei diritti.
Infatti l’unico punto su cui possiamo e dovremmo essere tutti d’accordo è che l’uomo è sempre un fine e non un mezzo. Non possiamo considerare la persona, migrante o ‘nazionale’ che sia, come un mezzo per ottenere la convenienza di uno Stato.
La nostra Costituzione dice nei suoi primi articoli che vanno rimossi gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della personalità, nel suo territorio, e che compito simile si ha nei confronti di coloro che nel loro Paese non hanno alcuna garanzia delle libertà democratiche. In aggiunta, chiudersi in uno Stato è un’operazione contro il tempo, dato il grado di sviluppo degli organismi internazionali, come l’Unione europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Ispirare le nostre leggi a questi ideali non significa incorrere in un vizio ideologico. Significa comprendere, al contrario di quel che si dice, quale è il senso di uno Stato. È fondamentale portare al centro del dibattito, insieme alle politiche per l’immigrazione e l’integrazione, l’importanza della cooperazione internazionale. Se la nostra Repubblica non si assume, come di dovere, la responsabilità di aiutare i Paesi in stato di intollerabile povertà – dovuta anche a secoli di sfruttamento occidentale – ci troveremo sempre di fronte all’ingiustizia di ‘dover selezionare’ i migranti, di non poter accogliere tutti, di stabilire un numero sempre ingiusto, di rendere il Mediterraneo un mare di morte e disperazione.

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15/01/2014: Apprendiamo oggi delle aggressioni ad Angelo Panebianco all’università di Bologna. I Giovani per la Pace esprimono al professore tutta la loro solidarietà. Delle idee si può discutere, anche in maniera animata, ma non si può e non si deve mai cedere alla tentazione della violenza, anche se si tratta di gettare della vernice su un muro. La violenza è l’arma dei deboli.

La redazione

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